http://www.free-italy.info//2011/09/nelle-acque-minerali-tracce-di.html
domenica 19 agosto 2012
Inquinamento acque minerali... verità nascoste?
Da Fonte Originale riporto integralmente un articolo interessante, da leggere tutto d'un fiato:
http://www.free-italy.info//2011/09/nelle-acque-minerali-tracce-di.html
http://www.free-italy.info//2011/09/nelle-acque-minerali-tracce-di.html
Nelle
acque minerali tracce di alluminio,arsenico e perfino uranio:quello
che le etichette non dicono e le leggi permettono.
Roma - Berillio,
manganese, alluminio, boro, arsenico e perfino uranio.
Le acque
minerali che
consumiamo ogni giorno contengono ben più degli elementi chimici che
sono riportati nelle etichette.
Alcuni
di questi elementi off-label non sono dei veri e propri toccasana per
la salute.
Una
ricerca ha analizzato il profilo chimico delle acque
minerali più diffuse in Italia.
Guarda
la tabella dei Risultati
analisi chimiche acque minerali vendute in Italia
Confronta
i risultati con la Tabella
limiti concentrazioni acque minerali
Nonostante
le numerose sorgenti di acque naturali sparse sul territorio che
alimentano gli acquedotti, gli
italiani sono infatti i maggiori consumatori di acque minerali del
mondo.
Ne compriamo 12miliardi
di litri ogni anno,
circa 200 litri ciascuno, e un italiano su 2 dichiara di bere solo
acqua imbottigliata.
Fra
il 2008 e il 2010, un gruppo di ricercatori italiani (Benedetto de
Vivo, Annamaria Lima, Stefano Albanese, Lucia Giaccio dell’Università
Federico II di Napoli,
Domenico Cicchella dell’Università
degli Studi del Sannio di Benevento,
Enrico Dinelli dell’Università
di Bologna,
Paolo Valera dell’Università
di Cagliari)
ha partecipato a un progetto dell’Unione Europea mirante a
conoscere lo
stato delle acque sotterranee di tutta Europa per,
fra le altre cose, poter legiferare opportunamente in modo da
uniformare tutti i limiti a livello europeo.
I
ricercatori, che hanno lavorato in collaborazione con scienziati
dell’EuroGeoSurveys
Geochemistry Export Group hanno
raccolto 186
campioni provenienti
da altrettantebottiglie
di 158
marche di acque minerali italiane fra
le più diffuse, e ne hannoanalizzato
il contenuto in termini di sostanze chimiche ritenute nocive.
Le
ricerche del gruppo italiano sono confluite nel grande Atlante
Europeo delle Acque Minerali (Geochemistry
of European Bottled Water) presentato appunto dell’EuroGeoSurveys,
che ha tracciato i profili chimici delle acque minerali di 38 diversi
paesi europei.
Per
quanto riguarda le sostanze chimiche riscontrate e ritenute dannose,
si tratta di elementi che, naturalmente, sono nocivi
alle dosi “sbagliate”.
Dosi che sono stabilite dalle leggi, ma non sempre.
«Questo
è uno dei primi problemi in cui si imbatte: i limiti di legge»
spiega Paolo Valera. «In
Italia non sono stati stabiliti limiti massimi alla concentrazione di
alcune sostanze più che sospette come berillio, fosforo, molibdeno,
tallio, uranio.
Una
delle spiegazioni potrebbe essere che gli effetti tossici, a
determinate concentrazioni, di queste sostanze sull’uomo sono
ancora oggetto di studio. Ma è
incomprensibile, ad esempio, perché non sia stata fissata una regola
per l’uranio,
che sappiamo chiaramente essere un elemento dannoso».
Le
perplessità a proposito del DM 29/12/2003 sulle acque minerali
nascono anche quando si vanno a confrontare
i “tetti massimi” di concentrazione chimica che
questo prescrive con quelli fissati dal decreto legislativo 31/2001
(sulle acque destinate al consumo umano).
Alcune
sostanze hanno infatti limiti ben diversi, nei due casi. Il boro,
ad esempio, è tollerato fino a 5000 microgrammi/litro nelle acque
imbottigliate, mentre può essere presente solo fino a 1000
microgrammi/litro (5 volte di meno!) nell’acqua del rubinetto.
Lo
stesso dicasi, per il manganese,
ammesso fino alla concentrazione di 500 microgrammi/litro nelle acque
minerali e tollerato invece solo fino a 50 microgrammi/litro
nell’acqua del rubinetto. Come se il nostro corpo diventasse
improvvisamente immune ai loro effetti nocivi semplicemente bevendo
da una bottiglia.
«Non
ha nessun senso logico che questi limiti siano diversi –
continua Valera – non ce n’è motivo. Esistono dei limiti, quello
è comprensibile, che sono a volte diversi fra Italia, Europa, Stati
Uniti e valori guida dell’OMS. Per l’Italia, i diversi limiti
imposti per acqua del rubinetto e acque minerali andrebbero
uniformati. Ma finora c’è stato un “difetto” nella scrittura
di questi strumenti legislativi che ha portato a qualche problema. In
ogni caso, io
farei riferimento al limite dell’acqua del rubinetto».
Facciamo allora un po’ di nomi e cognomi.
L’esposizione
all’alluminio,
come dimostrano diversi studi epidemiologici è un fattore di rischio
per la comparsa e la progressione del morbo di Alzheimer.
E sia l’OMS che la legge italiana per le acque potabili fissa in
200 microgrammi/litro la concentrazione massima. Peccato però che
questo limite non sia presente per la legislazione che regolamenta le
acque minerali. E quindi l’Acqua
di Nepi (237)
e l’acqua Sandalia(267)
sono nei limiti di legge, ma non in quelli di salute.
L’arsenico è
un noto elemento
cancerogeno (è
associato a diversi tipi di cancro, come cancro alla pelle, polmoni,
vescica, rene e altre malattie della pelle) e tutte le acque minerali
campionate sono risultate al di sotto del tetto massimo di 10
microgrammi/litro.
Tuttavia,
secondo gli scienziati, andrebbero monitorate quelle acque che hanno
un valore superiore a 5, e cioè Acqua
di Nepi, Frisia, Funte
Fria, Vaia, Levissima,Orvieto, Sant’Anna
di Vinadio e Candida.
Il
caso del berillio è
molto singolare. E’
classificato dall’EPA, l’agenzia per la protezione ambientale
americana, come elemento cancerogeno di classe A –
ossia provoca il cancro nell’uomo – ed è uno degli elementi più
tossici della tavola periodica. La legislazione ambientale italiana
se n’è accorta e se una falda acquifera presenta più di 4
microgrammi/litro (dato fissato proprio dall’EPA) si rende subito
necessario un intervento di bonifica (anche se non è destinata al
consumo umano). Ebbene, nelle tabelle che riportano i limiti per le
acque minerali, non è prescritto nessun valore massimo. L’Acqua
di Nepi fa
registrare una concentrazione di 4,69 microgrammi/litro.
Anche
sul boro vengono
fuori cose abbastanza sorprendenti. In termini di legge, il valore
guida dell’OMS fissa una concentrazione massima di 500
microgrammi/litro. Ma in Italia siamo dei supereroi: per le acque del
rubinetto, la tolleranza è fissata a 1000 microgrammi/litro, e per
le acque minerali arriviamo addirittura a 5000 microgrammi/litro.
Nonostante il fatto che il boro sia un elemento potenzialmente
pericoloso che
alcuni test condotti su animali hanno dimostrato attaccare
soprattutto l’apparato riproduttivo maschile.
Le acque minerali nostrane sono tutti nei (larghi) limiti di legge,
ma l’acqua Toka arriva
oltre (1170) il limite fissato per l’acqua del rubinetto. Se invece
ci riferiamo al valore massimo secondo l’OMS, allora i bocciati
sono di più: l’acqua Ferrarelle arriva
a una concentrazione di boro di 551 microgrammi/litro, la Fonte
Chiara tocca
i 536, la San
Martino si
attesta su 847, laSandalia su
849, Uliveto su
548, Claudia su
738.
Il fluoro,
in alte concentrazioni, può provocare fluorosi
dentale e fluorosi
scheletrica.
Anche qui l’anomalìa legislativa tutta Italia fissa un tetto
massimo di 1,5 milligrammi/litro nell’acqua di rubinetto ma di ben
5 milligrammi/litro nelle acque minerali. Rispetto a questo limite,
solo la Sandalia è
in difetto (7,93). Se invece guardiamo al valore 1,5 (che è anche
quello fissato dalle linee guida dell’OMS) sono diverse le marche
che lo superano: Acqua
di Nepi (1,64), Acqua
Claudia (1,52),Egeria (1,71), Santa
Lucia (2,33).
Per
quanto riguarda il manganese,
che è un elemento essenziale per la sopravvivenza umana ma che in
alte concentrazioni ha effetti
tossici sulle vie respiratorie, sul cervello e sull’apparato
riproduttivo maschile,
il limite fissato per le acque di rubinetto è 50 microgrammi/litro,
mentre per le acque minerali è dieci volte tanto (500). Ma c’è da
dire, stavolta, che qui il valore guida dell’OMS è 400
microgrammi/litro. In Italia, comunque, si rientra abbondantemente
nel limite dei 50, e solo l’acqua Santa
Lucia tocca
il valore di 124,5 microgrammi/litro.
Il sodio è
uno dei macronutrienti più importanti dal punto di vista biologico.
Una sua carenza provoca problemi di salute, ma anche un
suo eccesso può causare i ben noti danni
all’organismo, ad esempio ai vasi sanguigni.
Tutte le acque minerali analizzate rientrano nei limiti di legge,
anche perché questi limiti non sono stati fissati. Se invece
guardiamo ai valori guida dell’OMS, che coincidono con i limiti di
legge stabiliti (quelli sì) per le acque di rubinetto, 200
milligrammi/litro, sono molte le acque anche li superano. Dalla più
alta concentrazione alla più bassa: San
Martino (774), Sandalia(527), Toka (428)
, Santa
Lucia (293)
e infine Sveva (222)
L’uranio,
certamente tossico, nella legislazione italiana non ha limiti massimi
di riferimento, né per le acque minerali né per le acque del
rubinetto. Rifacendosi al valore guida di 15 microgrammi/litro
dell’OMS, l’acqua Rocce
Sarde raggiunge
una concentrazione di 31 microgrammi/litro, dovuta all’ubicazione
della sorgente in rocce granitoidi. Le altre marche sono ben al di
sotto del valore di 15, anche se val la pena segnalare i valori di
11,85 dell’acqua Santa
Lucia (acquistata
in Sardegna) e di 10,95 dell’acqua Courmayeur comprata
in Val d’Aosta.
L’azione
tossica del vanadio è
confinata al tratto
respiratorio:
sono frequenti bronchiti e broncopolmoniti fra i lavoratori esposti a
composti del vanadio. In Italia è fissato un tetto massimo di
concentrazione solo nelle acque del rubinetto, ed è di 50
microgrammi/litro, mentre per le acque minerali non è prevista
alcuna limitazione. Se ci riferiamo a quella soglia, tutte le acque
minerali sono al di sotto di quel valore, ma l’acqua Leggera della
Basilicata tocca i 48.9 microgrammi/litro.
«Si
tratta naturalmente di campioni prelevati dai supermercati, e in
qualche caso in cui si superano i limiti ci
sarebbe bisogno di approfondimenti, di ulteriori ricerche. Ma,
purtroppo, ora come ora le varie politiche della ricerca messe in
campo non ci permettono di
procedere in questo senso. Non abbiamo sufficienti risorse e i
blocchi delle assunzioni peggiorano di molto le cose. Anche le nostre
strumentazioni in qualche caso sono obsolete.
I
campioni li abbiamo fatti analizzare a Berlino, dal Servizio
Geologico Tedesco,
perché siamo riusciti ad arrivare a una intesa che ci ha accordato
un finanziamento europeo che copriva le spese. L’EuroGeoSurveys ha
trovato dunque le risorse che ci hanno permesso di inviare i nostri
campioni e non pagare le analisi (che costerebbero ognuna intorno ai
200 euro). Ma, per esempio, le
bottiglie le abbiamo comprate con soldi nostri e abbiamo fatto le
spedizioni in Germania di tasca nostra.
Se avessimo deciso di percorrere l’iter universitario, aspetta e
spera…» ha concluso Valera.
Che dire....Quanto letto ci fa forse ben sperare, ma anche tanto
riflettere su cosa stiamo bevendo.
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1 commento:
Caspita, guardando bene non si dovrebbe ne bere ne mangiare..ne tantomeno respirare...bel lavoro che abbiamo fatto.
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